sabato 13 marzo 2010

Pseudo-non-evacuazione

La mia prima settimana sul terreno si è conclusa in modo un po’ concitato: la lettera minatoria ha sortito il suo effetto.

Dopo aver ricevuto la missiva giovedì sera, noi quattro espatriati ci siamo raggruppati per discutere sul da farsi. Con un coprifuoco alle nove di sera, non c’è molto che si possa mettere in atto dopo il tramonto, se non contattare la gerarchia a Goma e a Kinshasa per avere istruzioni sul giorno seguente. La lettera era firmata da un gruppetto di associazioni che si chiamano la “società civile” di Rutshuru (il nome della regione), che dopo una serie di accuse verso la nostra organizzazione intimava di togliersi dai piedi nel giro di 48 ore, pena violenza contro di noi.

Delle accuse, la maggior parte era farneticante e infondata. Per esempio, dicevano che in una delle cliniche di villaggio da noi gestite sarebbe stato eseguito un parto cesareo in cui l’apertura sarebbe stata richiusa con lo scotch... Altre accuse erano più vicine alla verità. Per esempio si diceva che c’erano dei ritardi nei pagamenti del personale sanitario (ogni tanto capita) o che le cliniche erano sprovviste di medicinali (anche questo, ogni tanto, succede). Ovviamente, nulla che giustifichi né aggressività né tantomeno un ultimatum.

Attacchi a organizzazioni internazionali non sono cosa rara, nell’ambiente umanitario. Per quanto possa sembrare paradossale, le ONG sono pur sempre una parte attiva nel conflitto, anche semplicemente perché lavorano sotto la protezione dell’ONU. E poi portano soldi stranieri, operano in aree gestite da alcuni gruppi armati e non da altri, collaborano con il Governo e non con i ribelli, e trattano abbastanza quotidianamente con i gruppi etnici e religiosi ben specifici delle zone in cui lavorano. Tutto questo, accompagnato al fatto che siamo stranieri e quindi ben identificabili, che il popolo ignorante non sempre capisce “checcistiamoaffare”, che in questo clima di violenza la gente si fomenta con un nonnulla e soprattutto che abbiamo – eventualmente – soldi da spremere, fa sì che diventiamo facilmente dei bersagli.

Dopo varie consultazioni, è stato deciso di non prendere la cosa alla leggera. Nel 2008 una manifestazione contro le ONG nella stessa zona si è conclusa con un attacco al nostro ufficio da parte della folla inferocita. Non esattamente una situazione simpatica. Abbiamo quindi sospeso tutti gli spostamenti sul terreno, abbiamo chiesto a tutto lo staff nazionale di passare il fine settimana a Goma, e i responsabili di base sono andati a farsi una chiacchierata con l’amministratore regionale e con la MONUC. I caschi blu sono come sempre stati cavalieri, offrendoci alloggio per la notte della loro base militare. Da Kinshasa però è arrivato l’ordine di rientrare su Goma immediatamente.

E quindi eccomi a casa, sana e salva, mentre procedono le investigazioni. Dai primi studi, pare che non sia stato nulla di troppo serio, ma chiaramente si andrà avanti ad indagare. Nel frattempo, tutti torneranno al lavoro normalmente lunedì mattina. Non è stata un’evacuazione, quindi. Come l’ha definita R, è una pseudo-non-evacuazione. Ma per il mio battesimo sul terreno non è stata roba da poco.

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