venerdì 30 aprile 2010

Swahili


Il ventilatore, l’odore di salsedine, le mosche. Siamo sui tropici, al nord del Kenya, a pochi chilometri dalla Somalia. Siamo in Africa, e allo stesso tempo non siamo in Africa. Gli abitanti hanno la pelle scura, parlano inglese con un accento africano, e ogni tanto si intravedono dei masai, nei mercati, sulla spiaggia. Eppure siamo già in Medio Oriente. Le case sono bianche e hanno i tetti piatti, i muezzin chiamano alla preghiera cinque volte al giorno dalle trenta moschee sparse sull’isola, e le donne camminano coperte di un velo nero che le copre fino ai piedi. Gli uomini indossano lunghe tuniche bianche, sandali piatti e un caratteristico cappello di stoffa, cilindrico e basso, chiamato kofia.

La civiltà Swahili è nata qui, terra di confine tra Africa e Oriente, terra di commerci, di spezie, di schiavi, di vetro. Dopo un dominio Portoghese leggero come l’aria, che ha commerciato senza conquistare, Lamu è diventata una repubblica indipendente, ricca e fiorente. E’ solo in seguito che si è abbandonata alla conquista del sultanato di Oman, che è arrivato a prendere tutta l’Africa Orientale, dalla penisola Araba al Mozambico, con capitale Zanzibar. Una costa unificata sotto il segno del mare, del viaggio, dello scambio, lato occidentale di tutta la rete di traffici che univa come una ragnatela i grandi porti dell’Oceano Indiano. Mombasa, Zanzibar, Goa. Shangai, Jakarta, Mombai.

E così è nata una civiltà a sé stante, diversa da tutto, fiera, vivace. Il kiswaihili è la sua lingua e il suo tratto più determinante. Una lingua bantù, dal cuore puramente Africano, che è stata sporcata, integrata, impreziosita, da vocaboli arabi e portoghesi. Una lingua bella da ascoltare, dal regime fonetico non dissimile dall’italiano. Una lingua che si è levata al di sopra di tutti i dialetti indigeni perché la sua forza commerciale l’ha resa lingua franca in tutta l’Africa Orientale. Oggi è la lingua ufficiale della Tanzania, dove è parlata nella sua versione più pura. E del Kenya, e dell’Uganda. Ma arriva fino al Congo Orientale, fino a Goma, dove esiste in una forma francesizzata. E c’è chi mi ha detto di averla sentita adoperare un po’ ovunque, fino in Nigeria, tra due commercianti che non avevano altra lingua in comune.

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