venerdì 2 aprile 2010

Donatori

Gli organismi che finanziano i programmi delle organizzazioni come la mia - i cosiddetti "donatori" - sono tanti e diversi fra loro come il giorno e la notte. Si passa dai privati cittadini che vogliono contribuire ad una causa, come Angelina Jolie o un magnate del petrolio, alle fondazioni come quella di Bill Gates, ai governi di piccoli paesi come la Svezia e l'Olanda, fino ad arrivare ai mastodontici organismi ONU, l'Unione Europea e il Governo Americano.

Il donatore è molto di più che un semplice dispensatore di denaro. Infatti, è il donatore che decide in che posti e in che modi impiegare i suoi soldi. A quali organizzazioni darli. Cosa pretendere a livello di risultati. Insomma, è il donatore che fa la vera politica umanitaria e dello sviluppo, ed è per questo che è così importante che sappia quello che fa.

Ultimamente ho avuto tre esperienze molto diverse con i donatori, da cui ho tratto parecchi insegnamenti. La prima è stata tremenda. Mi trovavo sola contro un panel di quattro burocrati che mi tempestavano di domande su nostri vecchi progetti di cui io sapevo poco o nulla. Con fare inquisitorio ravanavano ogni dettaglio dei report, come a cercare i nostri errori. Ne sono uscita stravolta, dopo quattro ore di difesa strenua del nostro lavoro. "Ecco un donatore odioso", ho pensato. "Che ci fa perdere un sacco di tempo in spiegazioni superflue e ripetitive, solo per dare una sembianza di controllo sul modo in cui i finanziamenti vengono spesi."

Le seconda è stata insolita. Ho partecipato a un workshop di due giorni, organizzato da un donatore per tutte le organizzazioni con cui lavora abitualmente. Ci veniva chiesto di articolare i nostri bisogni, ossia di chiedere come migliorare la nostra collaborazione. L'iniziativa - lodevole - viene da un paese del Nord d'Europa, con l'abitudine alla democrazia diretta. Ma lascia pur sempre la domanda aperta. "Questo donatore sa veramente ciò che vuole? Sarà capace di dirigere e aiutare noi altre organizzazioni, se appare così sprovveduto riguardo al suo ruolo nel paese?"

Infine, la terza è stata strepitosa. Si trattava di un grande donatore che, contrariamente alla tendenza generale di starsene in poltrona a Washington o Londra, si è aperto un ufficio a Goma. Che differenza rispetto ai suoi colleghi! Di fronte alla nostra proposta, ha fatto domande pertinenti, ha stimolato costruttivamente, ha suggerito di entrare in contatto con altre ONG che lavorano nella stessa zona. Ha fatto domande provocatorie, per verificare se avevamo riflettuto su certi aspetti problematici dell'implementazione del progetto. "Questo è un donatore che sa di cosa parla!", ho pensato. "Che fa dipendere il suo finanziamento da considerazioni di qualità. I cui soldi saranno spesi bene. E che non vuole essere trattato come un cliente troppo esigente, nè come un vecchio bacucco pieno di soldi."

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