giovedì 11 febbraio 2010

Rapid response mechanism

Sto leggendo il final report del nostro progetto RRM, rapid response mechanism. Un programma pluriennale che ha servito migliaia e migliaia di sfollati con viveri, generi di prima necessita', coperte, saponi, attrizzi da cucina, teli per impermeabilizzare i tetti delle abitazioni, docce, latrine, impianti per l'immodonizia. Ha curato malnutrizione, epidemie di colera, diarrea, tifo. Ha riabilitato scuole, distribuito quadreni, pagato insegnanti. Un progetto enorme, difficilissimo da gestire, di cui tutti si lamentano. Ma che ha salvato migliaia di vite.

Un progetto che chiude, e non perche' i bisogni siano esauriti. Chiude per politica, perche' ai donatori non piace finanziare un progetto d'urgenza per piu' di tre anni. Significa che non e' urgenza, o che non fa effetto. I donatori vogliono i risultati, quel genere di risultati che fanno dire alle conferenze internazionali : mission accomplished.

Poco importa che sul terreno ci sono ancora quasi due milioni di sfollati che non possono ritornare a casa perche' i gruppi armati hanno in mano la zona. E aspettano pazienti nei campi profughi, senza scuole, senza sistema sanitario, senza acqua pulita. O stanno a casa di parenti o amici che vivono in un'altra citta', che devono dividere il poco che hanno con altre tre o quattro famiglie ospitate. O che hanno il coraggio di tornare a casa, nelle zone tranquille, e le trovano distrutte o vandalizzate, non ci sono piu' nemmeno le pentole.

Ma l'emergenza e' finita, la guerra e' passata. Siamo in fase di ricostruzione, lo dicono i giornali. Possiamo andarcene.

Nessun commento:

Posta un commento