Goma ha solo una strada asfaltata, tutto il resto è terra e polvere. Ci si muove su grandi fuoristrada che vanno a passo d’uomo, molleggiatissimi su questo terreno accidentato. Varrebbe la pena andare a piedi, ma è proibito. A piedi si può andare solo in alcune zone. Dove ci sentiamo “comfortable”, dicono le regole. Io non mi sento comfortable da nessuna parte, sono appena arrivata. Quindi vado solo in macchina. E dopo il calar del sole non se ne parla per nessuno di uscire a piedi, nemmeno per fare cinque metri. C’è pure il coprifuoco, ma quello è un pro forma, è fissato alle 2 di notte. Giusto per mantenere l’abitudine ad avere un orario.
Spesso si vedono veicoli UN in giro, tutti bianchi, un po’ assurdi. Jeep, camion, pick-up. Tante volte con su dei militari attrezzati di mitra. Passano come delle visioni, semi trasparenti. Non ci fa caso nessuno. Poi ci sono le persone vere, gruppi di bambini, gonne colorate, giovani uomini in moto. Le donne portano frutta in testa, su grandi vassoi. I bambini chiedono soldi. Bisogna fare attenzione che non rubino la borsetta. Non sono pittoreschi, sono una potenziale minaccia. Niente di allarmante, ma bisogna tenere gli occhi aperti. Qui il divario tra locals e expats è incolmabile, siamo visti davvero come degli alieni. Per loro siamo tutti ricchi. Tutti stupidi, pronti a farsi fregare. Ci sono un sacco di moto, sono i taxi locali. Non ci sono i taxi su quattro ruote, solo su due. Ma non expats non li possiamo prendere, non in Congo. In Rwanda sì, oltre la frontiera. Il Rwanda è un altro mondo. Qui è meglio usare i nostri autisti, sono qui per questo. Guidano le nostre jeep con gli adesivi di riconoscimento, e appiccicato alla portiera un foglio bianco che dice: “No Weapons”.
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