La corruzione è endemica. Si sa. E’ il Congo, porca miseria. Ma non intuisco la portata del fenomeno finchè J non me lo spiega, con calma, come fossi una bambina. “Qui rubare è normale, assolutamente normale. Quasi tutti gli impiegati locali che sono incaricati di comprare le attrezzature per i progetti, ci fanno la cresta. Quando comprano computer e quando comprano matite, è la stessa cosa. E non solo chiedendo al rivenditore di fatturare un prezzo più alto per poi dividere i soldi che avanzano. I ragazzi sono sofisticati, e utilizzano trucchi molto elaborati per rubare all’organizzazione. In fondo, per loro questa è una quantità incredibile di soldi. Più soldi di quanti e abbiano mai visti in vita loro.”
Continuo a bere la mia birra, mentre J parla senza sosta. E’ russa, è vissuta qui due anni, ha una casa propria e una macchina propria e oramai ha capito molto bene come si sopravvive in questa terra di nessuno. Mi torna in mente che stamattina mi prendeva in giro, per la mia ingenuità. Mi lamentavo perché il cameriere dell’albergo non ha mai il resto quando compro l’acqua, tanto che devo sempre comprare più bottigliette di quante ne abbia bisogno. “Ma come, non l’hai capito? Ti dice che non ha il resto perché vuole che tu gli lasci i soldi in più come mancia”. E io cado dalle nuvole. Ma chi se lo aspetterebbe che un cameriere incamiciato di uno degli alberghi più eleganti della regione cerchi di raggirarmi per intascare un misero dollaro americano?
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