Sono mesi tranquilli, questi. Dall'inizio di gennaio sono avvenuti appena 29 attacchi al personale umanitario, e se si considera che questa e' una zona di guerriglia non è malaccio. In piu', sono tutti attacchi di natura minore. E' bizzarro. Qui i gruppi armati si limitano a rubare spiccioli e cellulari, al massimo computers. Non prendono quasi mai le macchine degli espatriati, né tantomeno le loro vite. Gli attacchi contro i civili locali seguono invece tutta un'altra musica: scorribande, ruberie, uccisioni. Stupri, soprattutto. Leggevo qualche giorno fa sul giornale che e' ormai impossibile trovare qualunque articolo sulla situazione in Congo che non contegna la parola "stupro".
Ci siamo chiesti spesso come mai questi criminali si accontentano di così poco da noi stranieri. I soldati dell'esercito sono formalmente alleati con l'ONU, quindi probabilmente preferiscono non disturbare troppo la comunita' internazionale. Ma che dire dei gruppi ribelli? Forse non vogliono attirare troppo l'attenzione, hanno paura che un intervento piu' forte da parte degli stranieri possa cambiare uno status quo che fa loro tanto comodo. Ma nemmeno questa spiegazioni pare convincente. Forse non gli interessa avere le macchine degli espatriati perchè tanto non hanno i soldi per comprare la benzina. O firse è perché sono troppo riconoscibili, ed è difficile potrarle oltre alla frontiera dell'Uganda per rivenderle a chicchessia. Forse temono che possedendo delle automobili dovranno pagare delle tasse aggiuntive ai signori della guerra che controllano la loro zona. Infine, alcuni ipotizzano che sia un riflesso culturale. Nella mentalità congolese, lo straniero è sempre, in qualche modo, intoccabile.
In un certo senso, nessuna di queste spiegazioni tiene. Sono tutte ipotesi sollevate un po' a caso, che mostrano quanto poco capiamo di questo paese. Forse tra qualche mese sarà tutto piu' chiaro. Per ora, è un mistero.
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