martedì 23 novembre 2010

Partnerships

Ogni tanto vado sul terreno. Quasi mai, devo dire, ma a volte capita. Qualche settimana fa sono andata a visitare i partner per il nostro progetto di gender based violence. I “partner” sarebbero delle piccole organizzazioni locali che offrono servizi psicosociali e di aiuto legale alle vittime di violenza sessuale nei villaggi.

Questa e’ la politica della mia organizzazione. Non offrire servizi direttamente. Piuttosto, agire attraverso organizzazioni Congolesi, anche se sono disastrose. Anche se hanno i loro centri in capanne di fango e agenti che hanno a malapena finito la scuola elementare. Noi li istruiamo, insegnamo a tenere i registri, a raccogliere i dati, a offrire supporto psicologico in modo confidenziale, a indirizzare le vittime all’ospedale in caso appaiano segni di valattie vaginali. Non funziona in modo perfetto, anzi. I centi che ho visto mi hanno abbastanza delusa. Sono poveri, incasinati, isolati. L’assistente psicosociale che era li’ e’ stata redarguita dalle nostre osservatrici. I documenti non erano a posto, non erano tenuti sottochiave, e il colloquio con la vittima al quale abbiamo assistito e’ stato sommario, poco approfondito. Ci sono rimasta male. « Ma cosa mi posso aspettare da questa donna, che sa a malapena leggere e scrivere, che non parla francese, che si porta il suo bebe' al lavoro in un cestino che rimane sul pavimento di terra battuta tutta la giornata ? », mi chiedevo. E poi, emergeva il pensiero immediatamente consequente. « Non sarebbe molto piu’ facile per noi offrire un servizio di qualita’ mandando il nostro staff, nei villaggi, a offrire consulenza alle donne violentate ? Il nostro staff ben pagato e istruito? Come fa Medici Senza Frontiere, per esempio? ». Il pensiero mi tenta.


Ma poi mi dico che no, non sarebbe giusto. Questa sembra una buona idea, ma non la e’. Perche’ utilizzare il nostro staff significherebbe offrire un servizio temporaneo, che dura fin quando abbiamo i finanziamenti, e quando i donatori smettono di pagare si raccolgono baracche e burattini e non rimane nulla sul terreno. Invece cosi’ contribuiamo a migliorare un servizio che potenzialmente restera’ per sempre. E poi c’e’ una seconda ragione. Offrire servizi diretti e’ assistenzialista. E’ neocolonialista. Ci-pensano-i-muzungu-a-risolvere-i-problemi. No, non va bene. Il Congo va avanti da quindici anni a ricevere questa assistenza tappabuchi, e siamo ancora al punto di partenza. Bisogna cominciare a responsabilizare loro, i Congolesi. Ad aiutarli ad aiutarsi da soli. A supportare le loro piccolo iniziative sociali in modo sostenibile. Inshallah, i risultati verranno fuori col tempo.

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