Una delle dispute piu’ rilevanti della filosofia medievale europea era quella tra il nominalismo e il realismo. I nominalisti dicevano che i nomi sono "flatus vocis", ossia non sono altro che dei suoni, che in modo arbitrario e convenzionale applichiamo a degli oggetti simili tra loro. Ad esempio, chiamiamo "sedia" tutti i manufatti prodotti per sedervisi. Al contrario, i realisti dicevano che i nomi si riferiscono a dei concetti, a delle idee. Chiamiamo "sedia" un concetto di manufatto fatto per sedersi, e tutte gli oggetti del mondo reale che vi somigliano (cioe’ le vere sedie) vengono chiamate allo stesso modo perche’ rimandano al concetto.
Questa differenza sembra un inutile e cavilloso gioco di parole, ma e’ il punto di partenza per ragionamenti molto concreti che portano a conseguenze radicalmente differenti. Se applichiamo questa differenza alla filosofia del diritto, ad esempio, troveremo due correnti. Coloro che pensano che la legge non e’ altro che una convenzione arbitraria che detta le regole di condotta degli uomini in societa’, puramente pragmatica e senza riferimento a astratti valori etici. E coloro che pensano che la legge e’ indissolutamente connessa a dei concetti astratti di bene e di giustizia, e che sono i valori universali che regolano attraverso la legge la condotta degli uomini. Una bella differenza.
Che c’entra tutto questo con il Congo ? C’entra. Oggi, chiacchierando con il nostro logista, ho scoperto che esiste una terza via, una terza concezione del nome che non ha mai attraversato – che io sappia - il pensiero europeo. Nella filosofia Bantu, i nomi non sono ne’ semplici suoni convenzionali, ne’ concetti universali con una loro sostanza. Sono piuttosto delle qualita’. Lui e’ alto, e’ Congolese ed e’ Omar. Una qualita’ fra le tante. E in quanto qualita’, si mette in relazione con altre qualita’. Se per esempio e’ facile che le persone dalla pelle scura abbiano gli occhi scuri (due qualita’ connesse) e’ facile che un certo nome si associ a certe qualita’ del carattere. Quindi se conosci una Caterina, o un Paolo, particolarmente gentili e sensibili, e ti auguri che i tuoi figli siano gentili e sensibili quanto loro, sara’ logico chiamarli Caterina e Paolo.
Il nome e’ parte integrante della cosa, ne’ una sterile etichetta, ne’ un richiamo a qualcos’altro. E quando nominiamo qualcosa, abbiamo il potere magico di cambiarla, di aggiungere una qualita’ che prima non c’era.
Thought provoking.
RispondiEliminatee hee
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