venerdì 5 marzo 2010

Asta

A Goma, le organizzazioni umanitarie coordinano i propri interventi attraverso assemblee tematiche mensili in cui ci si comunica a vicenda “Qui fai quoi où” (chi fa cosa, dove). L’idea è semplice e intelligente, in un posto in cui operano decine di organizzazioni con mandati di assistenza simili e ci si deve spartire il territorio per non sovrapporsi. Le riunioni sono giustamente coordinate dall’ONU, che ha in generale un mandato di supervisione e organizzazione delle risorse umanitarie.

Detto questo, tali riunioni sono anche un interessantissimo punto di osservazione sul mondo dell’umanitario, inclusi i suoi aspetti più discutibili. L’ONU ha appena annunciato il disborso di un nuovo “grant” di qualche centinaio di migliaio di dollari. Neanche moltissimo, ma sono pur sempre soldi. Che verranno attribuiti all’organizzazione che presenterà il progetto migliore in ogni settore tematico prestabilito (salute, educazione, violenza sulle donne…). Ora, la cosa interessante è che la decisione sul progetto da premiare viene presa proprio durante queste riunioni, composte da rappresentati delle organizzazioni in gara. Quindi le ONG sono allo stesso tempo giudicante e giudicato. E qui comincia la buffa lotta per accaparrarsi i soldi.

Innanzitutto, a queste riunioni che di solito non fila nessuno, cominciano ad apparire tutti i pezzi grossi non appena viene lanciata la notizia di un nuovo grant. Poi, nella fase preparatoria (quando ancora non è stato detto quanto soldi verranno di fatto assegnati), il gruppo cerca di decidere delle priorità geografiche e dei criteri di selezione sulla base dei quali verranno giudicati i progetti presentati. Ovviamente, ognuno tira acqua al suo mulino. Quando si passano in rassegna le aree geografiche, sembra di partecipare a un asta. Tutti lanciano numeri “è una zona apriorità cinque!”, dice l’organizzazione che, guarda caso, vuole proporre un progetto in quella zona. “Ma no, al massimo è una priorità tre, non ci sono nemmeno i rifugiati”, dice l’organizzazione rivale. “Non ci sono rifugiati perché sono tutti scappati a causa della guerra”, si ribatte. E così via.

Non ci sono dati oggettivi, non ci sono ricerche precise. Ci provano tutti, a monitorare la zona, ma è impossibile. La guerra è troppo fresca, l’accessibilità è troppo ridotta. Non ci sono strade, il territorio è troppo vasto, non prendono nemmeno i cellulari. E poi ci sono i banditi, i gruppi armati. Insomma bisogna andare a braccio. E a braccio si va, anzi a gomitate.

Il giovane partecipante turco ride sotto i baffi. E’ qui da un anno, ha capito come gira la giostra. “La parola distribuzione va eliminata dalla lista di attività prioritarie. Bisogna sostituirla con cash transfert, che è più generale, più onnicomprensiva”, dice ad alta voce. Ma non ce la fa a stare serio. Lo sa che lo sanno tutti, che la sua organizzazione non fa distribuzione. Lo sa che ha una gran faccia di tolla, a proporre questa modifica. Ma non riesce a trattenersi. E’ troppo divertente per smettere di giocare.

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