Ero in macchina con B. Stavamo tornando a casa, attraversando tutta Goma. Parlavamo di quanto ci piaceva, questa città orribile. Di come ci eravamo affezionati in fretta a questo caos fragile e tagliente. Parlavamo di dove abbiamo già lavorato, di dove potremmo lavorare. Abbiamo convenuto che sì, esistono tanti bei posti a questo mondo. Tanti posti interessanti. Ma che in fondo noi non siamo più attratti dai posti esotici, nè da quelli pittoreschi. Abbiamo bisogno della drammaticità incandescente della distruzione. Dell'instabilità, del mistero, del gioco pericoloso che si consuma nelle catastrofi. E' una cosa che capita, ai lavoratori umanitari. Come ai soldati, ai reporter di guerra, ai fotogiornalisti. Siamo attratti dal dolore, forse, dallo schiaffo della sua intensità. Siamo dei disaster junkies.
Non so come mi sia potuto succedere. Sembra una perversione, e allo stesso tempo sembra coraggio. Forse ho semplicemente bisogno di profondità, e nulla è profondo come la sofferenza. Lo dice anche la bossanova. Tristeza nao tem fim, felicidade sim.
domenica 20 giugno 2010
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