Era praticamente come essere in Libia. Quella terrazza, quei cuscini rossi. I materassi che ne seguivano il perimetro, le voci arabe di uomini scuri e sconosciuti. Io stavo li' seduta a gambe incrociate a godermi il tramonto color pesca, a fumare il narghile'. Lentamente, boccata dopo boccata dopo boccata. Il fumo che fluttuava sopra la mia testa prima che fosse il momento di passarlo. Il ragazzo a fianco a me era un ingegnere barbuto che non sapeva una parola d'inglese. Quello di fronte il direttore di un hotel. Mi mostrava il suo orologio d'oro, appena preso a Dubai.
Ero a Kigali, ma l'Africa sembrava lontanissima. Si disfaceva minuto per minuto mentre il sole scendeva, mentre i colori del Rwanda si affievolivano. Penetravamo gradualmente in una notte araba, calda e striata di cicale.
C'era un vassoio d'argento colmo di frutta fresca, bottiglie di vino, caffe' caldo speziato al cardamone. Nulla mai si consumava, il vassoio veniva magicamente riempito, il caffe' rifatto. L'unico nostro compito era di passare ore ed ore su quei tappeti, su quei cuscini, lasciando che la vita ci scorresse intorno come un fiume lento e inesorabile. C'era una certa sensualita', in quella molle attesa. La cena e' arrivata verso le dieci, i vassoi appoggiati per terra. Eravamo noi tre e una decina di loro, tutti uomini. Mangiavamo con le mani direttamente dal piatto. Era delizioso, ci sorridevamo con gli occhi.
La comunita' libica e' potente, in Africa. Quel sanguinario di Gheddafi versa milioni di milioni in questa parte di mondo. Ha fatto costruire una moschea enorme a Kampala. Ha dispiegato una catena di hotel di lusso chiamata LAICO (Lybian African Investment Company) in tutte le capitali. Nel 2008 e' stato proclamato King of Kings dagli altri leaders africani, e lui regolarmente ventila il mito di un'Africa unita, con un solo passaporto e una sola moneta.
La comunita' libica e' potente, misteriosa e inaccessibile. Io li' in mezzo non so che cosa ci facevo. Ma e' stato magico, e indimenticabile.
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