A Goma non si può andare a cena fuori se si ha fame. Sarebbe una tortura. Con un tempo di attesa medio di un'ora a prescindere ciò che si ordina (che sia un caffè, una pizza o uno stufato), è tassativo muoversi ben prima che si attivino i sensori stomaco-mente. Si agisce di fame preventiva, insomma. "Tra un'ora avrò fame".
Certo, alcuni ristoranti sono meglio di altri. Con una vittoria netta per il localino in stile europeo (mezz'ora di attesa media, ma con una scelta di soli cinque piatti), i pochi altri ristoranti di Goma si piazzano in posizioni discendenti fino ad arrivare all'indiano, con une tempo di servizio medio di un paio d'ore incluso almeno un errore nel servizio. Ma dopo due ore di attesa uno proprio non se la sente di rispedire il piatto indietro, quindi ce lo si fa andar bene.
Col tempo, noi circensi dell'umanitario abbiamo sviluppato varie strategie per gestire questi tempi di attesa faraonici. Il primo, ovviamente, è quello di farci l'abitudine. Si esce con gli amici per fare una lunga chiacchierata, di cui il cibo è solo una tappa passeggera. Si ordina all'inizio della serata, ce ne si dimentica, e prima o poi si verrà colti di sorpresa dall'arrivo della pietanza. Voilà. I più sgamati hanno provato la tecnica della corruzione al cameriere: "Un dollaro in più se me lo porti entro quindici minuti". Oppure, se non si vuole rinunciare alla propria integrità, si sfodera il: "Cosa c'è di già pronto?", sperando di cavarsela alle spalle degli ordini dei clienti precedenti.
Infine c'è chi questa snervante attesa la rifiuta per principio. In tal caso, la soluzione è una sola. Uno va tranquillamente al ristorante e ordina il piatto desiderato. Poi esce. Va a fare la spesa, passa da casa a farsi una doccia, fa una telefonata a casa. E a quel punto, ma solo a quel punto, ritorna al ristorante. Giusto in tempo per essere servito.
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