Come intuibile, prima di mettere piede in Congo e' necessario sorbirsi una buona dose di vaccini. Non tanto - o non solo - per sopravvivere alla pletora di malattie tropicali di brulicano in questo ridente angolo di mondo. Ma anche - o soprattutto - per evitare discussioni con le autorita' doganali, le quali non aspettano altro che un documento mancante per osteggiare lo sprovveduto viaggiatore.
Ad esempio, se ci si presenta alla frontiera Congolese senza un valido certificato del vaccino contro la febbre gialla, si rischia di essere obbligati a farselo iniettare direttamente nell'aeroporto di Kinshasa. Il che equivale circa a farsi un giro di roulette russa. Un'altra ipotesi, forse piu' frequente, e' che il personale dell'aeroporto proponga di "vaccinare" l'ingenuo viaggiatore in cambio di una lauta mancia. In questi casi, il vaccino consiste in un bel timbro sul passaporto. Non proteggera' dalla malattia, ma apre le porte del paese.
Ogni tanto queste non-regole possono anche tornare utili. Qualche mese fa un mio amico ha programmato un week-end in Sudafrica, rendendosi conto solo alla vigilia del viaggio che il suo vaccino era scaduto. Si sa che in Sudafrica non scherzano: senza certificato non si entra. Allora il mio amico - che ha abitato in Congo abbastanza tempo per sapere come comportarsi - si e’ recato all'ufficio migrazioni, dove un segretario gli ha prontamente «somministrato » non solo con il vaccino contro la febbre gialla, ma anche quello contro la meningite e il tifo. Il tutto al modico prezzo di una coca-cola.
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